Secondo alcuni dati diffusi dall’Unesco sono moltissime le lingue a serio rischio di estinzione
e oltre un centinaio di queste si rinvengono nei Paesi dell’Unione Europea.
In base a questi studi, l’Italia è uno dei Paesi al mondo con più varietà di dialetti: ogni comune, infatti, ne possiede uno. Per molti anni i dialetti sono stati però dimenticati e accantonati. La scomparsa dei dialetti, accelerata dal dopoguerra, viene ricondotta a una scelta precisa dall’alto,
“perché il Paese aveva bisogno di affermare la propria lingua ufficiale”.
Il termine “dialetto” deriva dalla parola greca “diálektos”, la quale indicava il modo di
esprimersi attraverso il linguaggio. Gli antichi greci riconoscevano vari dialetti che a sua volta
furono fusi in una lingua comune conosciuta con il termine “koiné”.
In Italia, vengono definiti i dialetti le varietà – soprattutto parlate – che, a livello locale, convivono con la lingua nazionale. La lingua italiana assieme ai vari dialetti parlati e usati nella nostra penisola hanno rappresentato modo legittimi per ciò che concerne lo sviluppo storico e l’origine. Come per l’italiano, anche i dialetti rispecchiano culture e tradizioni particolari, sono autonomi, nel senso che hanno la loro grammatica, la loro fonetica e il loro lessico. Somiglianoall’italiano perché provengono dall’origine comune, cioè dal latino volgare e quindi fanno parte alla medesima famiglia neo-latina. Più precisamente, i dialetti sono l’evoluzione dei tanti volgari in cui il latino si frammentò, dopo la caduta dell’Impero romano, e che non ebbero la fortuna di essere scelti come lingua nazionale. Pier Paolo Pasolini, nello spiegare le ragioni che portarono alla formazione della lingua italiana, ribadì: “Mentre per altre lingue europee, come il francese, la loro istituzione fu dettata da motivi politici, burocratici e statali, l’italiano nacque attraverso la letteratura. Affiancati alla lingua italiana ci sono i dialetti veri e propri che sono delle lingue potenziali che però non sono mai giunte al grado di lingua, perché soppiantate dal
prestigio letterario del fiorentino”.
La lingua Italiana, a fine 800, era relegata solo nei libri e quasi tutti gli abitanti della penisola parlavano il loro dialetto. L’Italiano era nella sostanza una lingua straniera nella penisola perché usata nella forma scritta solo da un italiano su cento. Con l’Unità d’Italia inizia il processo di unificazione linguistica. All’inizio del Novecento parte la diffusione della lingua italiana come lingua orale, promossa attraverso i programmi scolastici ed affermatasi veramente come lingua madre solo con la diffusione dei mass media. Il prezzo di questa conquista è stato il sacrificio degli idiomi dialettali in ragione di presunta emancipazione da una situazione di subalternità
sociale e culturale da essi rappresentata a livello linguistico.
Negli ultimi tempi però, una nuova sensibilità è venuta affermandosi, una sensibilità che può ben essere riassunta nella frase del celebre filologo italianista, Ezio Raimondi: “… occorre tutelare anche il paesaggio della lingua, oltre quello naturale. Oggi che la barbarie dominante cancella ogni radice si riscopre il dialetto nel teatro, nella musica, nella letteratura. Non come
folclore consumistico ma come lingua dell’anima”.
I dialettologi sono soliti suddividere i dialetti d’Italia in due gruppi: – i dialetti settentrionali che si dividono in: – dialetti gallo – italici – dialetti veneti – dialetti istriani – i dialetti centro – meridionali, che si dividono in: – dialetti toscani – dialetti mediani – dialetti meridionali – dialetti
meridionali estremi.
I dialetti del Lazio sono classificati entro tre gruppi fondamentali: dialetti italiani mediani, dialetti italiani meridionali e dialetti veneti. Ai dialetti italiani mediani appartengono il
romanesco, il dialetto sabino, il dialetto laziale centro-settentrionale e i dialetti della Tuscia viterbese; ai dialetti italiani meridionali appartiene il dialetto laziale meridionale; ai dialetti veneti appartiene il dialetto venetopontino. Il Lazio, dunque, come le altre regioni centrali dell’Umbria e delle Marche, ha una situazione dialettale non unitaria; la linea Roma-Ancona,
infatti, è uno dei confini di maggiore importanza nell’ambito dei dialetti italiani.
I dialetti, dunque, rappresentano le nostre radici, la nostra identità culturale che non va
dimenticata e abbandonata ma, al contrario, assolutamente preservata.
La presente proposta di legge si pone l’obiettivo di completare tale intento e di riconoscere, preservare e valorizzare l’importante patrimonio culturale costituito dai dialetti, promuovendo
una meritoria azione di: tutela, recupero, conservazione e valorizzazione delle testimonianze culturali, storiche e linguistiche che legano le comunità al proprio territorio; sviluppo della ricerca storica e linguistica sull’intero territorio regionale, la pubblicazione di studi, ricerche e documenti, la valorizzazione della lingua e della toponomastica; l’organizzazione di manifestazioni rivolte alla valorizzazione di usi, costumi e tradizioni proprie delle comunità, anche indirizzate all’utilizzo delle lingue nell’ambito di forme artistiche e di iniziative di
comunità.
Nel dettaglio, l’articolato della proposta di legge prevede:
L’articolo 1 – stabilisce che la Regione Lazio riconosce e valorizza i dialetti locali quali parte integrante del patrimonio storico e culturale e si adopera affinché tale patrimonio sia trasmesso
alle future generazioni.
L’articolo 2 – elenca le azioni e gli interventi previsti dalla legge: la promozione di studi e ricerche sui dialetti locali in collaborazione con Università e centri di ricerca, l’organizzazione
di seminari, convegni, corsi di aggiornamento, manifestazioni, spettacoli e altre produzioni artistiche
la costituzione di un fondo bibliografico specialistico ed un archivio documentale
liberamente consultabili on-line. Accanto a queste azioni sono previsti progetti didattici rivolti
alle nuove generazioni ed il sostegno a manifestazioni artistiche e letterarie di vario genere.
All’articolo 3 – viene previsto il Piano annuale degli interventi di salvaguardia e valorizzazione dei dialetti, di seguito nominato “Piano degli interventi”, che sarà approvato dalla Giunta, sentito il Comitato scientifico di cui all’art. 4. Tale Piano andrà a definire: gli interventi da realizzare, le risorse finanziarie, gli schemi delle intese e convenzioni, i soggetti destinatari, le modalità e i criteri per la concessione dei contributi, gli importi massimi di spesa e tutta una serie di modalità e di condizioni. Le modalità ed i criteri per la costituzione, l’iscrizione e la tenuta del registro dei dialetti del Lazio riconosciuti.
L’articolo 4 – costituisce il Comitato scientifico presieduto dall’Assessore regionale competente in materia a cui sono affidati compiti consultivi e propositivi rispetto alle azioni previste dalla presente legge.
L’articolo 5 – sancisce il rispetto della normativa dell’Unione europea sugli aiuti di Stato.
L’articolo 6 – presenta la norma finanziaria che prevede che per gli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede con uno stanziamento pari a euro 200.000,00 per l’esercizio finanziario 2023-2024-2025.
La somma di euro 200.000,00 messa a disposizione per la presente proposta è tesa di riconoscere, preservare e valorizzare l’importante patrimonio culturale costituito dai dialetti.
L’articolo 7 – tratta dell’entrata in vigore.