L’Art 32 della Costituzione tutela la salute dell’individuo nella sua accezione più totalizzante e, quindi, non solo come salute fisica, ma anche come salute psichica e mentale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, costituente un diritto di cui ogni Stato deve prendersi carico.
Del resto il Servizio sanitario nazionale (SSN), fin dalla sua istituzione, è stato orientato alla tutela e alla promozione della salute, piuttosto che esclusivamente alla diagnosi e alla cura: lo spostamento dell’asse dalla malattia alla salute e al « soggetto persona » ha determinato la necessità di un’attenzione costante e fondante anche alle componenti di ordine psicologico – sociali, relazionali e comportamentali – che influenzano lo stato di salute di ciascun individuo, così come la malattia e la molteplicità delle dimensioni correlate ai percorsi di cura.
È oggi necessario, alla luce dei mutamenti della stessa società, dei contesti culturali ed economici, della globalizzazione anche dei sistemi comunicativi e informativi, orientarsi nell’ambito sanitario verso programmi di promozione del benessere psichico e relazionale della comunità, ribaltando l’ottica di perseguire esclusivamente un modello centrato sulla malattia.
In Italia solo il 29% della popolazione affetta da forme di depressione accede a un trattamento medico entro un anno dall’esordio della patologia. Relativamente alla popolazione giovanile, un ragazzo su sette tra i 10 e i 19 anni soffre di un disturbo mentale di cui i più comuni sono: depressione, ansia e disturbi comportamentali. Nel primo anno di pandemia, un giovane su quattro ha presentato sintomi depressivi clinicamente significativi, e uno su cinque sintomi d’ansia. A causa della pandemia da Covid-19, in Italia nel 2020 è aumentato (+12%) il consumo di ansiolitici e la Regione Lazio non fa certo eccezione. Studi di settore, hanno evidenziato come il rischio di sviluppare sintomi psichiatrici è maggiore nelle famiglie a basso reddito, nell’età tardo-adolescenziale e tra le ragazze.
Tra le categorie più colpite da queste patologie, vi è certamente quella dei giovani: non è un caso che, oltre a quelli Covid, i reparti più in sofferenza siano stati e siano quelli di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Solo nel
nosocomio pediatrico romano Bambin Gesù, anche a causa degli effetti della pandemia sono aumentati (con o senza lockdown) atti autolesionistici e suicidari, indice della crescita di disturbi mentali sia nei ragazzi che nei bambini qualil’irritabilità, l’ansia e il sonno disturbato. A fronte di 12 ricoveri nel 2011 per attività autolesionistica, nel 2020 nella Regione Lazio se ne sono registrati oltre 300. Le situazioni rese ancor più difficili dalla pandemia non riguardano però solo i giovani: si pensi alla malattia, alla cronicità della stessa, alla perdita del lavoro, al sovraccarico di lavoro per le donne nel periodo del lockdown, ai problemi di coppia, alle incertezze legate ai conflitti sempre più vicini alla nostra casa comune europea, al fenomeno dei social e alla conseguente esposizione di tutti gli individui a una quantità di informazioni superiore alla loro capacità di elaborazione, con conseguenze sull’attenzione, sulla comprensione e sulla capacità di prendere delle decisioni.
Al momento agli individui della nostra regione con disagio psicologico non viene offerta una risposta tempestiva gratuita: esiste solo una risposta di medicalizzazione da parte del pediatra o del medico di base, o una risposta tardiva nelle strutture di cure secondarie, ovvero la possibilità di rivolgersi agli psicologi professionisti iscritti all’Ordine, con evidente esclusione di tutti coloro che non si possono permettere di sostenerne il costo, mentre il nostro sistema universalistico ci impone di offrire un supporto in maniera gratuita.
La responsabilità ricade sull’individuo, aggravata dallo stigma sociale che ancora permane, espressione di una cultura, antiquata e tossica, ma ancora molto presente, per cui chiedere aiuto a uno psicologo sia segno di debolezza e di fragilità.
Lo Psicologo nelle scuole è naturalmente meritorio ma è rivolto, quando presente, solo a una fascia della popolazione e spesso rimane non utilizzato per lo stigma sociale di cui sopra.
Anche iniziative come il cd “Bonus Psicologo” sono importanti ma ad un’analisi comprensiva non possono rappresentare la soluzione e sono solo un palliativo: Lo strumento ha natura temporanea, copre solo una fascia limitata della popolazione e soprattutto, per poter essere fruito, richiede all’individuo uno sforzo in termini di adempimenti amministrativi e burocratici che non sono proprio coerenti con la condizione, temporanea o permanente, di difficoltà e di disagio psicologico.
L’esclusiva medicalizzazione o la non risposta a problemi a forte componente psicologica produce, come acclarato da molti studi, un incremento dei costi sanitari e sociali, come acclarato da molti studi.
Viceversa, una risposta pertinente, integrata e tempestiva risulta fortemente virtuosa dal punto di vista economico ed in grado di produrre risparmi effettivi, aumentando la sostenibilità del sistema.
Le cure psicologiche sono state inserite nel 2017 nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), ma non sono incluse nelle Cure Primarie, cioè quelle che vanno necessariamente garantite su tutto il territorio nazionale.
I nuovi LEA delineano le attività psicologiche che devono essere svolte nel SSN e di particolare rilievo appaiono in questo ambito gli interventi psicologici previsti dai LEA per: a) maternità e paternità responsabile; b) tutela della salute della donna; c) assistenza alla donna in stato di gravidanza e tutela della salute del nascituro anche ai fini della prevenzione del correlato disagio psichico; d) problemi individuali e di coppia; e) adolescenti, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche; f) minori in situazione di disagio, in stato di abbandono o vittime di maltrattamenti e abusi; g) nuclei familiari in condizioni di disagio; h) casi di violenza di genere e sessuale.. Il c.d. Decreto cd “Calabria” del 2019 (Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 35, convertito in legge 25 giugno 2019, recante “Misure emergenziali per il servizio sanitario della Regione Campania e altre misure urgenti in materia sanitaria”), modificando il D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (“Riordino della disciplina in materia sanitaria”), ha introdotto infine la presenza dello psicologo negli studi dei medici di famiglia, “a parità di spesa”. In detta legge è previsto che in assenza di previsione nazionale, l’implementazione è rimessa alle regioni.
La Campania è stata quindi la prima regione italiana a istituire la figura con la legge 3 Agosto 2020, n.35 che affida il servizio di psicologia di base a uno psicologo convenzionato con il Servizio Sanitario Regionale.
In merito a detta previsione normativa, la Corte Costituzionale, adita dal Governo, con sentenza n. 241 del dicembre 2021, ha statuito che essa è in linea con l’articolo 117, comma 3, della Costituzione e con l’articolo 8, comma 1, lettera b- quinquies) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria), modificato dal decreto legge n. 35 del 2019, che prevede come già illustrato la possibilità che i medici di medicina generale o i pediatri di libera scelta aderiscano ai modelli organizzativi multi-professionali, nei quali sia presente anche la figura dello psicologo. Questo significa che ad ogni regione è rimessa la facoltà di decidere di istituire un servizio di Psicologia delle cure primarie nelle proprie aziende sanitarie da affiancare a quello di Medicina Generale.